Please wait while JT SlideShow is loading images...
Photo Title 1Photo Title 2Photo Title 3Photo Title 4Photo Title 5
Siur Heinrich Videsott:
Che Gejú implësces,
por interzesciun de Santa Maria,
Uma dles grazies,
to cör d'amur divin.
Siur Heinrich Videsott
Por informaziuns prëibel cherdè sö l'numer 371 1232254
Santa Messa
Domënia, 22 Setëmber 2024

Santa Messa festiva annuale in ricordo del nostro caro servo di Dio don Enrico Videsottnella chiesa parrocchiale di La Valle, domenica, 22 settembre... Lí inant...
Testimonianze 2. parte
Il racconto di una guarigione.
Vorrei scrivere quanto mi è accaduto qualche tempo fa. Era la notte dell’ 8 dicembre 2003 quando mia suocera Teresa si sentì molto male, lamentando vomito e dolori lancinanti allo stomaco. Le praticai una iniezione e sembrò che la cosa fosse sistemata. Niente affatto. Il giorno dopo chiamai il medico. Si presentò una dottoressa che ordinò subito il ricovero della paziente in ospedale. C’era il sospetto di qualcosa di grave. Dopo i primi esami eseguiti al Pronto Soccorso, fu diagnosticata una calcolosi biliare con inizio di infezione. Sarebbe stato necessario un intervento d’urgenza. Dopo qualche ora, alle 16 circa del 10 dicembre 2003, la donna fu operata. L’intervento andò per le lunghe, tanto che la signora fu portata in reparto intorno alle ore 22. Il chirurgo, ci informò della presenza di un grosso tumore al pancreas. La situazione era piuttosto seria! La paziente trascorse la notte tranquilla ma il mattino seguente ci furono delle complicazioni: shock anafilattico e blocco renale per cui fu trasferita in terapia intensiva. Qui la situazione diventò gravissima e perciò la donna venne sottoposta a dialisi per alleggerire la funzione renale. La terapia ebbe successo e dopo 48 ore si ebbe un filo di speranza. Ma nel quarto giorno dopo l’operazione, ci fu un nuovo problema: i tessuti interni non tenevano i punti di sutura per cui fu necessario un nuovo intervento. I medici non davano alcuna garanzia. Viste le precarie condizioni dell’operata, il primario del reparto di rianimazione, fece un quadro della situazione alquanto preoccupante: polmoni poco funzionanti, glicemia alle stelle, reni in condizioni di sofferenza. Niente di rassicurante, tuttavia bisognava tentare. In quel momento misi tutto nelle mani di Dio. Pregavamo la Madonna e don Enrico che intercedesse per mia suocera che gli era tanto devota anche se non lo aveva mai conosciuto. L’intervento riuscì e tutto sembrava che andasse per il meglio. Ma a distanza di qualche giorno si presentò un nuovo problema: una emorragia interna! Ancora una volta bisognava intervenire. Eravamo tutti disperati pensando che questa volta ci avrebbe lasciato. I medici dicevano che il tumore al pancreas era la causa di tutto. Era il 22 dicembre e mia suocera, in quelle precarie condizioni, all’età di 74 anni per la terza volta doveva andare sotto i ferri. Pregammo tanto la SS Vergine e don Enrico. L’intervento riuscì. Cominciava ad aprirsi qualche spiraglio di luce ma i medici erano pessimisti a causa del tumore; tuttavia continuavano a tenere la paziente sotto controllo con la TAC ed esami vari. Nelle nostre visite le portavamo sempre un fazzoletto di don Enrico che lei stringeva forte a se con tanta fiducia. Dopo 48 giorni, finalmente fu trasferita in corsia dove i medici dissero che le cose erano cambiate di molto, non trovando più segni di tumore. Dopo circa una ventina di giorni, ci fu un buon recupero fisico e la signora Teresa iniziò a mangiare con appetito. Recuperate le forze, i medici decisero di dimetterla per cui tornò a casa il 21 febbraio con l’impegno di tornare entro un mese per la visita di controllo, la TAC e gli esami prescritti. Ottenuti i risultati degli esami, il chirurgo, ci telefonò per avere un colloquio. Quando mia figlia Densi ed io lo incontrammo, ci disse subito:” Per me c’è stato un miracolo. Nel pancreas non c’è più nessuna traccia di tumore e tutti gli esami sono buoni. Per me c’è stato un miracolo!”
Mia suocera con le lacrime agli occhi continuava a ripetere: ”Io lo dicevo a don Enrico e la Madonna lo ha ascoltato". Ora mia suocera Teresa sta bene, mangia, dorme e sbriga le faccende, grazie a don Enrico.
Clara - Nogare di Crocetta del Montello


L’aiuto in occasione di due operazioni
Nell’anno 1990 mi era stato diagnosticato un carcinoma alla mammella. I medici consultati erano convinti che bisognava operare. Conoscendo già la benedizione meravigliosa di don Enrico, mi recai da lui prima del ricovero e gli raccontai della mia malattia. Mi ascoltò attentamente poi mi benedì e disse: “Dopo l’operazione tu guarirai senza ulteriori cure!” Sollevata da queste parole di conforto andai all’ospedale di Brunico, dove tutto era già pronto per l’operazione. Grazie alla benedizione di don Enrico l’operazione andò molto bene. Don Enrico predisse al primario che non avrei più avuto bisogno di altre cure. Era proprio così: si poteva rinunciare alla prevista chemioterapia. Mille grazie a don Enrico per quest’aiuto formidabile.


Nel 1994 mia nuora soffriva frequentemente di mal di testa. Visitata presso l’ospedale di Bressanone, fu accertato un tumore al cervello. Data la delicatezza dell’intervento, fu inviata all’ospedale di Bolzano e da qui alla Clinica Universitaria di Innsbruck. A causa della necessità di operare al più presto, non trovai più il tempo di chiedere a don Enrico la sua benedizione. Ma terminata l’ operazione, chiamai don Enrico e dopo avergli raccontato tutto, gli chiesi di darle la sua benedizione. Lui la benedisse al telefono e tutto guarì ottimamente. Dopo tre settimane di ricovero mia nuora poteva finalmente ritornare a casa senza la necessità di altre cure.


Mi chiamo Maria Naide Andrade, sono nata in Brasile e vivo dal 2011 a Ponte Gardena, in Provincia di Bolzano insieme a mia figlia Daniely.
Vorrei dare una testimonianza di guarigione che ho vissuto personalmente, che è avvenuta alla fine del 2017, dopo aver conosciuto la figura del parroco morto in santità, Don Enrico Videsott.
Nonostante qualche intervento ospedaliero, fine 2016 inizio 2017, il mio corpo continuava a gonfiarsi costantemente fino al punto in cui non riuscivo più a mettermi i vestiti. Spesso dovevano mettermi dei cateteri all’ ospedale, ma non servivano a niente, più li portavo, più i gonfiori e le sofferenze aumentavano. Tutto mi andava stretto, non trovavo nemmeno dei vestiti nuovi che mi andassero bene. Specialmente il seno, le gambe e la pancia si gonfiavano costantemente e con il passare del tempo facevo una fatica immensa a camminare e avevo persino difficoltà a respirare. Avevo dolori dappertutto. Stavo veramente male fino ad arrivare al punto di non voler neppure più uscire di casa: Avevo smesso di andare alla Santa Messa e anche al gruppo di preghiera. Avrei dovuto farmi un’iniezione giornaliera contro la trombosi ma non ci riuscivo da sola così mi feci aiutare da una signora di Bressanone.
Nel frattempo restavo chiusa in casa, ma confidavo in Dio, nei Santi e negli Angeli. Però ogni tanto dubitavo anche io della preghiera e dell’aiuto di Dio, dicevo: “più mi metto a pregare e meno mi aiuta!”
Avevo però compreso che non era così e che continuando a pensare in questa maniera arrecavo del male a Dio. Continuavo a ripetermi che non potevo pensare così, che dovevo confessarmi e chiedere perdono per i miei pensieri. Qualche giorno dopo essermi confessata, una signora che faceva parte tempo fa del mio gruppo di preghiera, mi inviò tramite Whatsapp una foto del manifesto della messa in ricordo del Servo di Dio Don Enrico Videsott, prevista per il 17 settembre. Vedendo questa foto ho subito sentito nel mio cuore il grande desiderio di parteciparvi.
“Ma come faccio?” pensavo, “devo farmi fare ogni giorno l’iniezione contro la trombosi”. L’altro problema era che non avevo più vestiti da mettermi, mi erano tutti troppo stretti e piccoli. Però sentivo il desiderio di dover andarci. Una settimana prima della messa, avendo fatto dei calcoli, avevo capito che le iniezioni le terminavo proprio sabato 16 settembre, cioè il giorno prima della messa.
Anche per quanto riguardava l’abbigliamento, una signora mi aveva aiutata a trovare dei vestiti e dei pantaloni elastici che mi andavano bene. Così ho subito telefonato alla signora che aveva organizzato il pullman che portava i pellegrini a La Valle, per chiedergli se c’erano ancora dei posti liberi per me e mia figlia. Mi dissero che c’erano proprio ancora due posti liberi in pullman.
Salite in pullman, la signora Paola incominció a raccontarci di Don Enrico e poi pregò. Io però, per tutto il viaggio ho solo pianto.
Arrivate a La Valle, in chiesa non c'erano più posti a sedere, ma ero contenta lo stesso di essere presente e provavo una grande gioia dentro di me. Dopo la messa mi sono recata assieme a mia figlia sulla tomba di Don Enrico Videsott, dove ho pregato. Il lunedì successivo sentivo il grande desiderio di ritornare a La Valle e così sono ritornata due giorni dopo, di mercoledì. Abbiamo di nuovo pregato sulla tomba di Don Enrico e poi siamo andate per la prima volta nel suo appartamento a pregare.
Uscite dall’ appartamento, per avviarci verso il bus di linea, siamo passate sotto il cimitero e in quel momento provavo una grande tristezza, un vuoto dentro di me. Questa è stata una cosa molto particolare, perché assumendo diverse medicine, non provavo da più o meno quattro anni le emozioni di tristezza e di paure. Il corpo sembrava essersi "addormentato". Ma da quel momento in poi le provavo di nuovo, il corpo si era " svegliato". Ero rattristita perché dovevo andare via da La Valle. Sul tratto che mi sono fatta in treno da Brunico a Ponte Gardena, non riuscivo a pensare a nient’altro, che al fatto di volere di nuovo ritornarci la settimana successiva.Proprio in quell’istante ho visto davanti a me Don Enrico Videsott, che mi ha detto di tornare venerdì! Era come se avessi sentito la sua voce. Arrivate a casa, mi dicevo: “Va bene, ci ritorno venerdì, ma che cosa vado a fare?” Il giovedì, il giorno successivo, mi faceva male tutto così sono andata a Bressanone dal ginecologo per chiedere un appuntamento per una visita. Lui mi fissò un appuntamento per il lunedì. Ero molto stanca, distrutta, tutto il corpo mi faceva male, dovevo vomitare ed ero tutto gonfia. Però ho pensato: “Se tu Don Enrico lo vuoi, allora vengo!”

Venerdì ci siamo recate per la terza volta in sei giorni a La Valle. Avevo però un grande desiderio di salire, insieme a mia figlia, da Pederoa fino al centro del paese a piedi e pregare la Via Crucis. Ero stanchissima, camminavo male e avevo tanti dolori e pensavo di non farcela. Vedendo però da lontano il campanile di La Valle, mi è venuta una spinta e così ho continuatoil mio cammino in preghiera. Arrivate in paese ci siamo recate subito sulla tomba di Don Enrico a pregare. Dopodiché ci siamo sedute su una panchina per mangiare qualche cosa. In quel momento la pancia mi fece un male indescrivibile. Il dolore partiva dalla zona dell'utero e si estendeva dappertutto, soprattutto verso il basso ventre. Dolori che non riesco a descrivere, volevo gridare. Perciò sono andata in un bagno pubblico, perché avevo paura di perdere del sangue, ma quello non successe. Poi riuscii a fare lentamente qualche passo e ritornai sulla tomba di Don Enrico. Mezz'ora dopo, il dolore pian piano si alleviò. Dopo siamo ritornate a casa, a Ponte Gardena e il lunedì seguente, mi recai nuovamente all’ ospedale di Bressanone, dal ginecologo. Da quella visita emerse che avevo una ciste di 3,5 cm sull'utero. Sono rimasta senza parole, ma non mi sono spaventata perché ho pensato che l'unica cosa che potevo fare era pregare. Mi hanno quindi dato un altro appuntamento per il cinque dicembre, dove erano previsti altri controlli, fra cui gli ultrasuoni. Arrivato il cinque dicembre, mi sono recata all’ospedale e come previsto, mi hanno fatto gli ultrasuoni. In quel momento la dottoressa mi chiese: “Ma dove è questa ciste? Non la vedo più.” Guardava e riguardava ripetutamente la zona, ma non vedeva niente. Tutto l'utero era pulito. Diceva: "Devo dire che in tutte le visite fatte fino adesso, non ho mai visto un utero così pulito, bianco e senza una macchia."
Ci tengo anche a precisare che negli ultimi mesi sono di nuovo dimagrita e mi sono anche sgonfiata. Adesso posso mangiare di tutto, non devo più vomitare e i vestiti mi vanno di nuovo bene. Con cuore sincero, ringrazio il Signore che mi ha dato tramite Don Enrico Videsott questo aiuto. Il Signore mi ha regalato un sacerdote che mi segue e mi aiuta. Don Enrico è la mia migliore guida spirituale, lui è sempre con me. Confido nella sua intercessione e affido tutto nelle sue mani.


Ho visitato, alcune volte, don Enrico Videsott negli anni ’90 fino al novembre 1999, quando l’ho visto per l’ultima volta in ospedale a Brunico. Confermo che don Enrico Videsott aveva doni di conoscenza, lo spirito santo lo illuminava, infatti ha predetto dei fatti che nella mia vita si sono avverati.
Un giorno io e mia mamma avevamo appuntamento nel pomeriggio con don Enrico Videsott a La Valle. A mezzogiorno ci telefonò don Enrico dicendo di non andare da lui quel giorno. Noi dicemmo che saremmo partiti lo stesso per non perdere l’appuntamento. Quando arrivammo in Val Badia ad un tratto fermai la macchina davanti ad un sasso, lo spostai, ripartimmo e dietro di noi, subito dopo, cadde una frana importante sulla strada. Arrivammo sani e salvi all’appuntamento con don Enrico, ma la perpetua ci disse che da mezzogiorno don Enrico si era ritirato a pregare senza neppure pranzare. Al ritorno dovemmo fare un’altra strada più lunga. Siamo sempre riconoscenti a don Enrico che per merito della sua intercessione e delle sue preghiere ci ha salvato. In fede Giovanni Trento, 27 gennaio 2018


Carissimi amici di don Enrico Videsott,
scrivo alla vigilia di Ognissanti la mia testimonianza su una grazia ricevuta dal nostro santo parroco.
Nel dicembre 2016 mio zio settantaduenne viene ricoverato in ospedale per una sospetta polmonite. Fatica a respirare, ma è ancora cosciente al suo ingresso. Poco dopo entra in coma. Il lunedì pomeriggio successivo al ricovero mi telefona mia sorella in lacrime annunciandomi che lo zio è gravissimo, sta per morire e probabilmente non supererà la settimana. I medici infatti lo danno per spacciato in quanto per il 70 % delle attività funzionali del corpo è aiutato dalle macchine.
Il mercoledì mattina sono all’ospedale. Le infermiere non mi vogliono fare entrare in reparto per la gravità della situazione, una di esse, particolarmente scocciata, urla per il corridoio che il paziente è in coma e non può sentire nulla. Insisto e d ottengo di stare qualche minuto al suo capezzale; lo zio si trova in terapia intensiva in stato comatoso, è intubato e ha gli occhi chiusi. Nella tasca dei miei pantaloni conservo una immaginetta di don Enrico che ho portato con l’intenzione di lasciala sotto il cuscino, ma, vista la situazione, non mi viene concesso il permesso. Io stessa devo indossare cuffia, camice e sovra scarpe sterili per non contaminare la stanza.
Appena vedo lo zio mi assale un grandissimo senso di afflizione. Intubato, magro, irriconoscibile. Decido di parlargli e gli chiedo come sta. Naturalmente non mi risponde. Continuo a stringere tra le dita l’immaginetta e prego mentalmente don Enrico di benedire mio zio e di salvargli la vita. Sono passati pochi istanti e devo già uscire, naturalmente in lacrime.
Piango per tutto il viaggio di ritorno e continuo a invocare il santo parroco.
A casa con la famiglia iniziamo una novena serale per chiedere la guarigione.
Tempo tre giorni, mi richiama mia sorella. Un po’ perplessa, afferma che dal giorno della mia visita lo zio è andato migliorando. Entro una decina di giorni è dichiarato fuori pericolo. Progressivamente viene spostato in reparto dove rimarrà ancora a lungo per recuperare le capacità di sorreggersi, mangiare da solo, ecc. I medici lo chiamano scherzosamente “il miracolato”.
Un giorno lo va a trovare mia madre alla quale lo zio con stupore rivela di non ricordare assolutamente niente né del ricovero né della sua permanenza in terapia intensiva se non la mia voce che gli chiede: “Zio, come stai?”. Si chiede se sia stato un sogno. Mia madre gli rivela invece la mia visita. A queste parole lo zio scoppia in lacrime.
Oggi, dopo circa un anno, lo zio ha ripreso le sue quotidiane attività, sta bene, guida e svolge i suoi consueti lavori.
Io ringrazio don Enrico. E’ evidente che la guarigione è avvenuta attraverso la sua intercessione e benedizione.
Ringrazio Radio Maria che me lo ha fatto conoscere e continuo a chiedere la sua intercessione per la salvezza della mia e di tutte le famiglie.
 
info@donenrico.org
C.F. 92032130210 - ©